Discorso di un albero sulla fragilità degli uomini

«Il futuro, come vedi, diventa difficile da coniugare per gli Zhang.»

Discorso di un albero sulla fragilità degli uomini, Olivier Bleys (Edizioni Clichy)

Una famiglia poverissima, dentro una catapecchia gelida nel mezzo di un inverno che non vuole finire, è riunita intorno a una scatola il cui contenuto potrebbe cambiare il destino, una volta per tutte. Arrivata a questa scena del Discorso di un albero sulla fragilità degli uomini di Olivier Bleys (Edizioni Clichy) non ho potuto fare a meno di pensare al piccolo Charlie Bucket e alla sua famiglia in La fabbrica di cioccolato.

L’atmosfera della favola è la stessa che si respira nel racconto di Roald Dahl, nonostante siamo nella periferia di Shenyang, una città industriale a nord-ovest della Cina, e la storia affondi le sue radici nella realtà contemporanea.

Come racconta l’autore, l’idea del libro è stata ispirata da un documentario televisivo in cui appare «una casa in mattoni rossi a un solo piano, piantata in mezzo al cantiere di un grattacielo in costruzione». È una di quelle che in Cina si chiamano “case chiodo”, e la famiglia Zhang che la abita continua a occuparla nonostante le sia stato intimato lo sfratto.

Simbolo di una resistenza ostinata allo sviluppo dell’ennesima megalopoli moderna, la casa degli Zhang si trova ai piedi dell’ultimo esemplare di sommacco, o albero della lacca, rimasto in città. Gli abitanti del quartiere lo chiamano «l’albero che piange», tanto tristi sono le condizioni in cui si trova «la creatura più miserabile del regno vegetale».

Per la famiglia Zhang il vecchio albero che scricchiola sotto i colpi del vento e lacrima gocce di resina marcia è il monumento della loro memoria. Tra quelle radici sono sepolte le vecchie generazioni, al di sopra della terra prendono vita i sogni delle nuove:

«A casa Zhang i vivi e i morti andavano d’accordo; si potrebbe perfino dire che vivevano a stretto contatto, tante erano le notizie che si scambiavano a loro insaputa (gli uni calpestando il suolo del giardino, gli altri spingendo talpe e lombrichi verso il sole o toccando la punta delle radici del sommacco) e i segnali che creavano tra loro una sorta d’intimità. In fondo cosa significava vivere o essere morti? Una linea era stata tracciata, la superficie del suolo: si stava da una parte o dall’altra, ma sempre al confine, senza salire né sprofondare troppo, gli uni in piedi al di sopra, gli altri sdraiati a un metro o due dal confine straniero.»

L’albero è anche il simbolo di una rivoluzione che è avvenuta troppo in fretta, spazzando case, villaggi e storie alla velocità di un treno in corsa. E resistere è essenzialmente ciò che fanno il capofamiglia Wei, sua moglie Yun e gli altri membri della famiglia Zhang. Resistere alle frustate di un inverno così lungo da far dimenticare le stagioni che lo hanno preceduto. Resistere su un minuscolo quadrato di terra al boato assordante della modernità che avanza. Resistere ai morsi della fame e alla povertà che prude sotto i vestiti logori.

Resistere tutti insieme, in uno spazio vitale così ridotto che in casa non c’è un posto dove tenere il broncio e per entrare nel letto si segue un ordine per limitare gli scavalcamenti tra i materassi; dove anche fare l’amore – «tutto ciò che rimane ai poveri per godere un po’ della vita» – significa far respirare nel sonno l’odore dello «iodio amoroso» al resto della famiglia addormentata.

Discorso di un albero sulla fragilità degli uomini è una storia di sacrificio e di coraggio, in cui anche procurarsi del carbone per stare al caldo è un’impresa che può costare la vita. È la storia di una famiglia disgraziata, le cui infelicità – una volta tanto – hanno origine fuori dalle mura di casa.

La favola moderna di Olivier Bleys ha l’odore acre del signor Wei, «un odore misto ma abbastanza costante, dove dominavano il sudore fresco e il suo doppio corrotto, il vecchio sudore, macerato nelle pieghe dell’abito lavato poco». Ma ha il sapore di una storia dolcissima sui rischi che siamo disposti a correre per prenderci cura delle persone che amiamo. E, come una favola, lascia con il sorriso, facendoci scoprire che la sola cosa che conta a questo mondo sono gli esseri umani.

Sommacco, o albero della lacca

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