Il 25 giugno del 1901 nasceva Giacomo Debenedetti e il secolo che ha attraversato – e letto, scritto, interpretato – non sempre gli ha riconosciuto il merito per la traccia che ha impresso nella cultura letteraria italiana.
Complice la ricorrenza, quest’anno ho deciso di conoscerlo meglio e ho provato a ricostruire un suo ritratto dalle pagine (tante) che ho studiato e che restituiscono la misura dell’intellettuale e del maestro, dalla voce di chi ha avuto la fortuna di incontrarlo.
Un padre difficile
Una stanza foderata di libri, isolata dal resto della famiglia da una «pesante porta doppia, scopertamente proustiana, che papà aveva voluto a protezione del suo lavoro»: così appare lo studio di Giacomo Debenedetti agli occhi del figlio Antonio, che lo descrive – nella biografia Giacomino, tra i tipi di Bompiani – come un «venerato e un po’ misterioso genitore», «un individuo così asincrono» con quella sua «vocazione a rendersi l’esistenza impossibile per eccesso d’interiorità».
Un padre difficile, ma che aveva il dono di mettere in comunicazione le personalità che hanno segnato la storia culturale del nostro paese: le case che la famiglia Debenedetti ha abitato – a Torino prima e a Roma poi – sono state il ritrovo, e anche il rifugio, di Umberto Saba, Bobi Bazlen, Elsa Morante, Alberto Savinio, Giorgio Caproni, solo per citare i frequentatori abituali di quelle stanze.
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