Un inventario di sentimenti

Ci ho messo dieci anni per iniziare a leggere i Sillabari – il finito di stampare della mia copia è del 2013 – e quasi un mese per arrivare in fondo all’inventario dei sentimenti umani che Goffredo Parise ha scritto per il Corriere della Sera tra il 1971 e il 1980. Credo non sia dipeso tanto da me né dai giorni concitati che hanno accompagnato, quanto piuttosto dalla densità di queste pagine che mi ha richiesto una pausa tra un racconto e l’altro, per riuscire a lasciar andare e ricominciare ogni volta da capo.

Penso ai giorni e agli anni che mi ci sono voluti, al durante ma soprattutto al prima, perché ho l’impressione che solo così avrei potuto leggere questi Sillabari: lasciando che mi insegnassero quanto è importante aspettare.

«Dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore.»

Sillabari, Goffredo Parise

Una genuina felicità di scrivere

«Quel che ricordo con chiarezza dell’avere sedici anni è che si trattava di un’età particolarmente angosciante […]. Ricordo anche una tremenda e frustrante irritazione verso tutto ciò che leggevo in quel periodo – sa il cielo di cosa si trattava, a giudicare da certi libri che ho conservato –, tanto che una sera presi una decisione: dal momento che non esisteva al mondo nessun libro che valesse la pena di leggere, ne avrei scritto uno io

Shirley Jackson, La luna di miele di Mrs. Smith

È una gran fortuna che Shirley Jackson abbia tenuto fede al suo proposito per il resto della vita, regalandoci pagine straordinarie che continuano a saltare fuori da scatoloni impolverati.

I racconti che troverete dentro La luna di miele di Mrs. Smith fanno parte di una raccolta più ampia, in corso di pubblicazione per Adelphi, e sono stati scritti tra gli anni Trenta e Sessanta del Novecento, un momento storico in cui una donna avrebbe potuto essere abituata a credere troppo poco in sé stessa per lasciare la sua voce libera di esprimersi. È una gioia poter ritrovare quella di Shirley Jackson tra queste pagine, che miscelano alla perfezione ironia, inquietudine e una genuina felicità di scrivere.

Mi piace immaginarla – in tutte le ore della giornata che riusciva a ritagliarsi dalla cura della casa e dei figli – seduta alla sua macchina da scrivere, a picchiare sui tasti fino a notte fonda. E sorrido all’idea che mi sono fatta – non troppo lontana dalla realtà, credo – che lei stessa, come i suoi personaggi, sia stata solleticata di tanto in tanto dal desiderio di liberarsi di tutti e scappare lontano.

Leggete Shirley Jackson per ritrovare la sua intelligenza che sa smascherare i meccanismi con i quali deformiamo la realtà che ci sta stretta; leggetela per guardare con un po’ di sano cinismo alle idiozie che ci raccontiamo ogni giorno per andare avanti. Avvicinatevi a Shirley Jackson e vi prometto che – se l’avete perso – ritroverete il piacere di leggere.