Cosa leggeva Italo Calvino / 2

I libri degli altri: dall’apprendistato partigiano a Einaudi

È un giovedì di maggio del 1942 quando Italo Calvino, non ancora ventenne, prende «una storica decisione: tirato fuori dal cassetto dove giaceva lo sgualcito manoscritto» di una sua raccolta di racconti, si presenta dall’editore Einaudi per proporne la pubblicazione: «Anticamera di quasi un’ora. Sfogli “Tempo” senza capire un accidente di quel che leggi… Impiegati, dattilografe che entrano escono. Signore che cosa desiderate? Io vorrei parlare col signor… Ah, dovrebbe arrivare a momenti, attendete. (Fuori dalla finestra dei muratori lavorano su un’impalcatura…) Chi devo annunciare? Oh, fa niente, tanto non mi conosce… Ecco: io ci avrei qui… Veramente noi non pubblichiamo libri di racconti; però vogliamo leggerlo… dateci il vostro indirizzo… sì, tra tre o quattro giorni vi faremo sapere qualcosa… piacere, signor Calvino, buongiorno».

Mentre racconta l’episodio in una lettera all’amico Eugenio Scalfari, non sa ancora che tra quegli uffici trascorrerà oltre trent’anni della sua vita, di qua e di là dalla scrivania dell’editore. Da qualche mese ha lasciato il nido familiare per frequentare senza troppo entusiasmo la Facoltà di Agraria a Torino, ma dovrà aspettare fino al 1945 prima di trasferirvisi stabilmente, perché gli eventi bellici lo costringeranno a spostarsi tra Firenze e Sanremo.

La formazione culturale, morale e politica di Italo Calvino si compie durante la guerra, la Resistenza e l’immediato dopoguerra. Ricordando gli inizi del suo percorso in un’intervista del 1979 a Marco d’Eramo dirà: «Quando ho cominciato a scrivere ero un uomo di poche letture, letterariamente ero un autodidatta la cui “didassi” doveva ancora cominciare. Tutta la mia formazione è avvenuta durante la guerra. Leggevo i libri delle case editrici italiane, quelli di “Solaria”».

Italo Calvino

Continua a leggere su Flanerí →

Commenta: